Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Stanze d’Euridice.
 
 CELIA e SILVIO
 
 CELIA
 Tanto Elpino t’espose?
 SILVIO
 O fosse vero! Anch’io
 saprei lieto offerirti
1175quel destin che rifiuti,
 anch’io salir per inalzarti al trono,
 anch’io dirti: «Beato
 più nel tuo amor che nel mio grado io sono».
 CELIA
 Eh, Silvio, allor che in soglio
1180io ti vedessi assiso,
 vorrei che dal tuo cor tu cancellassi
 anche di Celia il nome.
 SILVIO
 Crudel, perché?
 CELIA
                                Mi è nota
 vergin real, cui del più illustre sangue
1185bollon le vene. O quante volte, o quante
 ella mi disse: «Amante
 son del tuo Silvio. Anche a me stessa ignota,
 lo seguo al bosco, al monte,
 alla selva, alla fonte.
1190L’amo e l’amo pastor».
 SILVIO
                                            Sogni mi narri.
 CELIA
 Ella talor mi dice:
 «Vanne e Silvio ritrova,
 Silvio, l’arcier gentil che mi ferì;
 e per me se hai pietà digli così...»
 
 SCENA II
 
 DIONISIO incatenato fra guardie, detti
 
 DIONISIO
1195(Celia è quella od Elisa? Al primo inganno
 voi tornate, o miei lumi). (Veduta Celia si ferma)
 CELIA
 Silvio, non son qual pensi
 ninfa vil, donna abietta;
 l’amarti in tal destino
1200è comune a più cori. Io d’un affetto,
 che più t’illustra, avvampo.
 SILVIO
 Attonito t’ascolto.
 DIONISIO
                                   (A tempo io giunsi).
 CELIA
 Nacqui di real ceppo. A questi lidi
 destin mi trasse e mi rattenne amore,
1205amor che in sen mi nacque,
 figlio del tuo bel volto.
 Caro Silvio, mio ben, per te mi scordo
 genitor, patria, regno,
 il mio grado e me stessa.
 DIONISIO
                                                (Indegna Elisa!)
 CELIA
1210Più non sono qual fui
 né mi ravviso più. Ma non è questo
 il più fier de’ miei mali.
 L’amarti è gioia, è sorte;
 non poter dir qual t’amo è pena, è morte.
 SILVIO
1215Celia è che parla?
 CELIA
                                   Io sono
 che parlo a te con l’altrui labra. Udisti
 prova di amor più rara? O più ne brami?
 SILVIO
 Celia, od io non t’intendo o tu non m’ami.
 CELIA
 
    T’amo sì, son tutta amor;
1220ma sei tu che non intendi
 il linguaggio del mio cor.
 
    Ho piacer che nol comprendi,
 perché in te veggio più fede
 e in me sento men rossor. (In atto di partire, Celia è arrestata da Dionisio che si avanza)
 
 DIONISIO
1225Fermati; io ben t’intendo.
 CELIA
 (Misera me).
 SILVIO
                            (Che fia?)
 DIONISIO
 Femmina vile, ingiuria,
 disonor del tuo sesso e del mio sangue,
 invan mi fuggi, invano
1230lo sguardo abbassi e di rossor ti copri.
 Questa volta il mentir nome bugiardo,
 finger stupido ciglio,
 negarmi il grado e simular qual sei
 non gioveratti. Io ben t’intendo.
 CELIA
                                                            O dei!
 DIONISIO
1235Tal ti ritrovo? O miei
 mal perduti disegni!
 Mal gittati sospiri!
 Così posta in non cale
 l’onestà di fanciulla,
1240la sorte tua, l’amor paterno, il nostro,
 noi, te stessa tradisci?
 Tanto ti accieca amore?
 E di tanto trionfa un vil pastore?
 CELIA
 (O vergogna!)
 SILVIO
                             (Infedele!)
 DIONISIO
1245Vedi, mal nata, vedi;
 per te misero io sono; e son tua colpa
 i mali che ho sofferti,
 i ceppi ch’or sostengo e che con ira
 scuote la man, cui dal lor peso è tolta (Scuote la catena)
1250la vendetta che spera,
 quanto tarda in punir tanto più fiera.
 
    La tua fiamma e l’ira mia
 col tuo sangue ammorzerò.
 
    Di supplizio, che sia degno
1255del tuo fallo e del mio sdegno,
 alma vil, ti punirò.
 
 SCENA III
 
 SILVIO e CELIA
 
 SILVIO
 Udii? Sognai? Celia, tu taci? In volto
 or pallida, or vermiglia,
 dell’agitato cor spieghi i tumulti.
 CELIA
1260Negar nol posso.
 SILVIO
                                 In altro lido il prence
 di Siracusa a te fu noto?
 CELIA
                                               È vero.
 SILVIO
 L’amasti?
 CELIA
                      In me natura
 ne accese i casti ardori.
 SILVIO
 E per pena di Silvio ancor l’adori.
 CELIA
1265L’amo; di questa al pari
 cara m’è la sua vita.
 SILVIO
 (Infelice alma mia, tu sei tradita).
 CELIA
 (Per discolpa di Celia,
 per riposo di Silvio,
1270scoprasi tutto il mio destin). Mio caro...
 SILVIO
 Lasciami.
 CELIA
                     Io l’amo, è vero,
 ma...
 SILVIO
             Non più.
 CELIA
                                Quest’amore...
 SILVIO
 È di Silvio la morte.
 CELIA
 Odimi.
 SILVIO
                 Ah troppo intesi.
 CELIA
1275Dionisio...
 SILVIO
                      È ben degno
 che tu l’adori.
 CELIA
                            Silvio...
 SILVIO
 Misero, vil ma fido,
 che fu già tuo trionfo e tuo rifiuto.
 CELIA
 Ti accieca il duol.
 SILVIO
                                  Più mi acciecan que’ sguardi,
1280quelle promesse, que’ sospiri ad arte
 lusinghieri e mendaci.
 CELIA
 Credi, il mio amor nulla ti offende.
 SILVIO
                                                                  Taci.
 CELIA
 
    Taccio; se resti misero,
 lagnati sol di te.
 
1285   Son infedel, son perfida
 qual tu mi vuoi, crudel.
 Dei che m’udite, a voi
 solo dirò: «D’inganno
 reo questo cor non è».
 
 SCENA IV
 
 SILVIO
 
 SILVIO
1290Sì, di me sol deggio lagnarmi. In donna
 troppo voi confidaste,
 pure fiamme dell’alma, affetti miei.
 Ma che? Creduto avrei
 pria tenebroso il giorno,
1295senz’onde il mare e senz’arene il lido
 che ’l cor di Celia infido.
 
    Stelle ingiuste, un cor voi deste
 troppo infido a bel sembiante.
 
    O men vago un far dovreste
1300o far l’altro più costante.
 
 SCENA V
 
 ALCEA e ELPINO
 
 ALCEA
 Finalmente egli è vero
 che Silvio di pastore
 diventato è signore
 e che ciò nonostante
1305tanto di Celia è amante
 che la vuole sposar e far signora;
 se così è, in malora
 è andato, o Elpino, il vostro nuovo amore;
 ritornerà l’antico intatto e puro
1310e ci parrà bonissimo il pan duro.
 ELPINO
 Chi detto avrebbe mai che il vostro damo
 fosse principe e re?
 ALCEA
 Mi dispiace di te,
 però che Celia anch’essa,
1315se Silvio ad ogni mo’ la vuol pigliare,
 diventerà fra poco principessa.
 ELPINO
 A me ciò nulla importa.
 ALCEA
 A me ciò nulla pesa.
 ELPINO
 Ma di Silvio...
 ALCEA
 Ma di Celia...
 A DUE
                            L’amor e dove andrà?
 ELPINO, ALCEA A DUE
1320Come s’accese ancor si spegnerà.
 ELPINO
 Il mio stato è uno scherzo giovanile.
 ALCEA
 Il mio fu di ragazza un brio gentile.
 ELPINO
 Ma non passò in malizia.
 ALCEA
 Ed io non intaccai la pudicizia.
 ELPINO
1325Sicché, o bella, incorrotta
 mi serbasti la fede?
 ALCEA
 Sicché, vago consorte,
 tu mi sarai fedel fino alla morte?
 ELPINO
 Per l’alte tue bellezze,
1330per quelle guance d’oro,
 per quel candido crine,
 per quel bel viso fatto a piegoline,
 ti giuro amore e fé.
 ALCEA
 Ed io pur giuro a te,
1335per il tuo bel mostaccio di sagrì,
 che di mia vita i dì
 consacrerò tutti agli affetti tuoi
 né ci saran più gelosie fra noi.
 ELPINO
 
    O cara...
 ALCEA
 O caro...
 A DUE
                   Che sento.
1340Ritorni nel seno
 né mai venga meno...
 
 ELPINO
 
 O dolce gobbetta...
 
 ALCEA
 
 O faccia diletta...
 
 A DUE
 
 L’amore e il contento.
 
 SCENA VI
 
 Campagna orrida.
 
 AMINTA
 
 AMINTA
 
1345   Dove son? Dove rivolgo,
 ombra errante, i dubbi passi?
 
    Vengo a voi, con voi mi dolgo,
 ciechi orrori e sordi sassi.
 
 Sì, tra voi che mi offrite
1350spettacoli funesti, idee lugubri,
 stanza ricerco al mio dolor conforme.
 Qui fra inospite balze e fra’ silenzi
 d’una perpetua notte,
 romito abitator, quel che mi resta
1355breve corso di vita
 terminerò piangendo; e quando i lumi
 piacerà al mio dolor ch’io chiuda al pianto,
 non al sol cui gli ascondo,
 godrò almeno che sia
1360quest’albergo di morte
 nell’ultimo sospir la tomba mia.
 
 SCENA VII
 
 ADRASTO e AMINTA
 
 ADRASTO
 Ove appunto sperai ritrovo Aminta.
 AMINTA
 Ecco Adrasto. O fortuna
 nemica al mio riposo, a che mel guidi?
 ADRASTO
1365Mio re, quando Euridice
 del suo sdegno è pentita e a te pietosa
 reca il dolce perdon, tu solo, in preda
 a un dolor disperato,
 fai de’ singhiozzi tuoi gemer le rupi?
 AMINTA
1370A vita sì crudel, s’ella è pur vita,
 amico, mi condanna
 Euridice e ’l mio fallo.
 ADRASTO
 Che! Tu temi una sposa
 dopo i tuoi benefizi?
1375Il tuo timor l’offende.
 Abbandona gli orrori e a lei ritorna,
 che a braccia aperte entro del sen ti attende.
 AMINTA
 Non mi accieca il tuo amor. Son io capace
 più di perdon? Il figlio,
1380o dei! l’ucciso figlio
 render le posso? Allora
 ch’io la ritolsi al rapitor lascivo,
 ritrattò la sentenza?
 Sparse un sospiro, un sospir solo? Adrasto,
1385si dee morir. Tu parti.
 Abbastanza mi fosti
 ne’ mali miei consolator compagno.
 Te, suo caro regnante, Argo sospira,
 suo felice amator, te Celia attende.
1390Vanne a goder...
 ADRASTO
                                 Ch’io t’abbandoni, Aminta?
 Io che trovo in te solo
 tutto il mio ben? Tu mi sei Celia ed Argo;
 e nel tuo solo amor tutto possiedo.
 AMINTA
 Deh parti.
 ADRASTO
                      Io teco vissi.
1395Teco morrò.
 AMINTA
                         Rimanti,
 crudele amico. Io mi consolo alfine;
 in sì misero stato
 avrai poco a soffrir. Momenti ancora
 mi rimangon di vita.
1400La mia colpa e ’l mio duol voglion ch’io mora.
 ADRASTO
 Misero Aminta.
 AMINTA
                                Allora
 che a me chiuse le luci e sparso avrai
 di poca polve il busto esangue e l’ossa,
 vanne, ten priego, o caro,
1405all’irata mia sposa e fa’ che al mesto,
 infelice racconto
 del mio morir, si plachi; e almen ne senta,
 se non duolo, pietà. D’un suo sospiro
 quest’alma all’ombre eterne andrà contenta.
 ADRASTO
1410(Sento svellermi il cor).
 AMINTA
                                              Dille ch’io moro
 per averla tradita
 e ch’io morir dovea...
 
 SCENA VIII
 
 EURIDICE, ELPINO e i detti
 
 EURIDICE
 Non morirai, non morirai, mia vita.
 AMINTA
 Euridice.
 ADRASTO
                     Regina.
 EURIDICE
 
1415   Tornami, o caro, in sen;
 rischiara il bel sembiante,
 io ti perdono.
 
    Mi ha vinta il tuo dolor;
 e se ti stringo amante,
1420è giustizia l’amor,
 non è più dono.
 
 AMINTA
 Se’ tu, bella Euridice? O nume sei
 per pietà del mio duol sceso dagli astri?
 EURIDICE
 Pongasi, Aminta, in un eterno oblio
1425la tua colpa e ’l mio sdegno.
 In avvenir meglio sol m’ama, meglio
 riconosci il mio affetto; e più non rompa
 rabbia di gelosia
 la catena immortal de’ nostri cori.
 AMINTA
1430O felici sospiri!
 ADRASTO
                               O giusti amori!
 ELPINO
 Lascia che teco anch’ io
 goda de’ tuoi contenti.
 AMINTA
 Ah, presenza fatal, che mi rammenti? ( Si volge altrove per non mirarlo)
 ELPINO
 Fugge il mirarmi.
 EURIDICE
                                    Elpino,
1435vattene omai. Ciò che t’imposi adempi.
 ELPINO
 Pronto ubbidisco. (Via)
 AMINTA
                                    O figlio,
 o vittima innocente!
 EURIDICE
 Uscì da questo seno
 ciò che tu piangi e questo seno ancora
1440tel renderà, se tu fedel l’abbracci.
 AMINTA
 In sì tenero amplesso
 le mie pene già scordo.
 ADRASTO
                                             O nodi!
 EURIDICE
                                                              O lacci!
 AMINTA
 Tu taci, Adrasto? Il tuo silenzio è gioia?
 È stupor? Siamo tenuti ambo a te solo
1445del nostro ben.
 ADRASTO
                              Ciò ch’io dovea...
 AMINTA
                                                               Regina,
 io t’offro in lui...
 EURIDICE
                                 Tutto in disparte intesi.
 Il tuo grado e ’l tuo amor, prence, mi è noto;
 e ch’io il sappia a te giovi.
 ADRASTO
 Celia è troppo costante
1450nell’amor suo.
 EURIDICE
                             La vinceranno alfine
 la tua sorte, il tuo merto ed Euridice.
 ADRASTO
 Celia, se ti possiedo io son felice.
 EURIDICE
 Andiam; più lieti oggetti
 chiede il nostro piacer.
 AMINTA
                                            Ti sieguo, o cara;
1455ma se tu vi risplendi,
 perde l’ombra l’orrore e si rischiara.
 
    Così grande è ’l mio contento
 ch’ei mi basta a tor di vita;
 
    ma lo tempra il pentimento
1460che ho d’averti un dì tradita.
 
 EURIDICE
 
    Mi è sì caro il tuo dolore
 ch’ei mi sforza a più adorarti.
 
    Sol per lui gode il mio core
 il piacer del perdonarti.
 
 SCENA IX
 
 ADRASTO
 
 ADRASTO
1465Ite, amanti felici. Ite ben degni
 della vostra fortuna.
 Chi sa che in dì sì lieto anche a’ miei voti
 non arrida Cupido? E Celia alfine
 non mi dica: «Idol mio,
1470tu m’ami e t’amo anch’io»?
 
    Vado dicendo al cor:
 «Spera, potrai goder»;
 ed ei nol crede.
 
    L’uso d’un gran dolor
1475a un incerto piacer
 toglie la fede.
 
 SCENA X
 
 Antro sagro delle ninfe.
 
 EURIDICE ed AMINTA
 
 EURIDICE
 Almi geni d’amor...
 AMINTA
                                      Sacre di Tempe
 divinità custodi...
 EURIDICE
 Del Peneo belle figlie...
 AMINTA
                                            Amiche dive...
 A DUE
1480A voi...
 EURIDICE
                Grati...
 AMINTA
                                Divoti,
 Aminta porge...
 EURIDICE
                                Offre Euridice...
 A DUE
                                                                I voti.
 EURIDICE
 Se l’onor, se lo sposo,
 già resi a me, son la mia gioia e sono
 tutta la mia felicità presente,
1485vostro, dive, è ’l gran dono.
 Voi prendeste in difesa
 l’innocenza d’un’alma; a voi pietade
 fer le lagrime caste e le querele
 d’un cor pudico e di un amor fedele.
 AMINTA
1490Felice te, mia cara sposa. All’are
 porti un’alma sicura
 ed a’ facili dei porgi tuoi prieghi!
 lo temo insin la lor pietade; e temo
 che ascoltino i miei voti.
1495Chieder vorrei, dopo la sposa, il figlio;
 ma se ’l figlio innocente
 sol per mia crudeltà cadde trafitto,
 la ragion del mio pianto
 rammenta e non cancella il mio delitto.
 EURIDICE
1500Gloria è de’ numi il ritornarci i beni
 meno sperati. In questo
 sovra del nostro il lor poter s’inalza
 e dei solo gli rende il poter tutto.
 In lor confida; e ’l figlio
1505forse sarà della tua fede il frutto.
 
 SCENA XI
 
 SILVIO, ELPINO e detti
 
 ELPINO
 Eccoci alla regina. Ella ti renda
 ragion di quanto chiedi.
 EURIDICE
 Sorgi, o Silvio, e favella. (Io ben v’intendo
 palpiti del cor mio).
 AMINTA
                                       (Nobil sembianza).
 SILVIO
1510Amor, de’ nostri cori
 il più dolce tiranno, a’ piedi tuoi,
 gran regina, mi tragge.
 Ardo e Celia è ’l mio foco. Al suo bel volto,
 Dionisio ed Adrasto
1515hanno il piacer d’offrir corone ed ostri.
 EURIDICE
 Che! Tuo rival di Siracusa il prence?
 SILVIO
 Appunto.
 EURIDICE
                     (Alma lasciva).
 SILVIO
 Or questo è il mio dolor, ch’altri al mio bene
 possa offerir ciò ch’io vorrei.
 EURIDICE
                                                      Ti lagni
1520dunque d’Elpin, perché sì vil nascesti?
 SILVIO
 Mi lagno sol perché qual nacqui ei tace.
 EURIDICE
 Nascesti vil s’egli ti è padre.
 SILVIO
                                                     Ei padre
 m’è sol d’amor, non di natura; ed io
 per dover, non per sangue a lui son figlio.
 EURIDICE
1525Non sei suo figlio?
 AMINTA
                                     E come uscir potea
 da sterpe sì villan fior sì gentile?
 SILVIO
 Vagia fanciullo in cuna e ’l primo ancora
 latte suggea, quando ad Elpino impose
 cenno real, né so a qual fine, il darmi
1530fiera immatura morte.
 Finse ubbidir; ma sconosciuto in Tempe
 seco mi trasse e in qualità di figlio
 mi allevò ne’ suoi tetti.
 AMINTA
 Che? Dimmi, a cruda morte
1535regio voler ti condannò?
 SILVIO
                                               Più volte
 mel disse Elpino.
 AMINTA
                                   E tu ne avesti il cenno?
 ELPINO
 L’ebbi, il confermo.
 AMINTA
                                       E in cuna
 vagivi allor bambino?
 SILVIO
 Sette corsi compiti
1540Cintia ancor non avea, da che era nato.
 AMINTA
 Quando ciò avvenne?
 SILVIO
                                          Or son tre lustri appunto.
 AMINTA
 O qual mi serpe ardor per l’ossa?
 EURIDICE
                                                               (E freno
 me stessa ancor?) Ma quale
 è il tuo padre, o garzon?
 SILVIO
                                              Questa, o regina,
1545è l’alta brama, onde a’ tuoi piè son tratto.
 Mel tace Elpin. Sol mi accennò poc’anzi
 che di re nacqui.
 ELPINO
                                  E non mentii.
 SILVIO
                                                              Ma prima
 ei m’additò che questa
 candida rosa, onde al natal segnommi
1550natura il manco braccio,
 varrebbe un dì...
 AMINTA
                                  Più non v’ha dubbio, o caro...
 EURIDICE
 O di questo mio sen viscere...
 A DUE
                                                        O tanto
 figlio bramato e pianto.
 SILVIO
 Io figlio a voi?
 AMINTA
                             Son io quel padre iniquo
1555che già ti volle estinto.
 EURIDICE
                                           Ed io son quella,
 che per te tanto pianse, afflitta madre.
 SILVIO
 Alle lagrime vostre,
 lagrime sol di giubbilo e d’amore,
 le sue confonde anche di Silvio il core.
 ELPINO
1560Or, mio sire, a’ tuoi piedi
 chiedo il perdon del fortunato inganno.
 AMINTA
 E quando mai s’intese
 più bella colpa? Io l’amo
 più della tua innocenza, o fido servo.
 EURIDICE
1565E il guiderdon avrai dall’amor mio.
 SILVIO
 Pietoso Elpin, quanto a te deggio anch’io.
 Ecco Celia; compite
 il mio piacer nel suo possesso, o numi.
 
 SCENA XII
 
 CELIA e detti
 
 CELIA
 Fallo non v’ha più degno
1570di un facile perdon che quel d’amore;
 errò, regina, e gravemente, è vero,
 Dionisio ti offese.
 Ma come sua discolpa è ’l tuo sembiante,
 così sua pena è l’infelice evento.
1575Per supplizio a lui basti
 che tu sii sua nemica, egli tuo amante.
 Non aggravar di ceppi
 destra real nata allo scettro. Il dona
 al suo amore, al suo grado, a’ preghi miei.
1580Usa ver gl’infelici
 quella pietà che teco usan li dei.
 SILVIO
 (Quanto gentil, tanto infedel tu sei).
 EURIDICE
 Celia, donde in te nasca
 tanta pietà, non vo’ cercar; le grazie,
1585grazie non son, se sono caute e tarde.
 Donisi alle tue brame
 la libertà del prence; indi tu stessa
 l’alma disponi a compiacermi in cosa
 che a me fia di contento, a te d’onore.
 CELIA
1590Troppo ti deggio. È tuo di Celia il core.
 AMINTA
 All’amor tuo, mia sposa,
 sovvenga Adrasto. Ora egli è tempo. Intanto
 del prigionier reale
 vado a scior le catene.
 EURIDICE
1595Seco a me riedi.
 AMINTA
                                 E tosto
 in te a bearmi io tornerò, mio bene.
 
    Star lontan dagli occhi tuoi,
 per me, cara,
 non è viver ma languir.
 
1600   Se non fosse la speranza
 di tornar, begli occhi, a voi,
 anche in breve lontananza
 il languir saria morir.
 
 SCENA XIII
 
 EURIDICE, CELIA, SILVIO ed ELPINO
 
 EURIDICE
 Celia, rimanti; ogn’altro parta.
 SILVIO
                                                          Al cenno
1605ubbidisco. (Finge partire)
 ELPINO
                        M’involo. (Parte)
 SILVIO
 (Ma qui mi fermo inosservato). (Si ferma in disparte)
 EURIDICE
                                                             Sole
 siam, ninfa. In questo punto
 s’agita il tuo destino.
 Cieca se nol conosci,
1610folle se lo disprezzi.
 Gran venture a te porge
 la tua beltà, l’amor di Adrasto. Ah! Vedi,
 non irritar li dei col disprezzarle.
 Diventa il ben perduto un gran tormento
1615e la nostra fortuna è un sol momento.
 CELIA
 Se, regina, al mio labro
 questa sincera libertà concedi
 che vien dal cor...
 EURIDICE
                                   Favella.
 CELIA
 Dirò; sul generoso amor di Adrasto
1620qualor fisso la mente,
 mi perdo e mi confondo. A lui son grata
 quanto mi lice; e appieno
 il suo gran merto e ’l mio dover mi è noto.
 Ma nel grato desio
1625lo rispetto, non l’amo;
 né volendo il potrei;
 tutti ha Silvio in balia gli affetti miei.
 EURIDICE
 Non nascesti mia suddita né posso
 stender su te l’autorità del cenno.
1630Ma Silvio a te non nacque.
 Sovra il suo cor mi diè natura impero
 più che di sua regina;
 e per semplice ninfa arder non lice
 ad un figlio d’Aminta e di Euridice.
 CELIA
1635Silvio è pastor?
 EURIDICE
                               No, Celia.
 In lui mi rende il cielo
 il perduto Alessandro e ad Alessandro
 piacer non dee l’amor di Silvio. Ei prenda
 col grado anco altro core
1640e prence oblii ciò che adorò pastore.
 CELIA
 Silvio, già morto a Celia,
 non è più Silvio. Egli è dover che ancora
 Celia non sia più Celia e a Silvio mora.
 
 SCENA XIV
 
 SILVIO, CELIA, EURIDICE
 
 SILVIO
 Anzi Silvio morrà. Perdona, o madre.
1645Torni Celia o la vita
 è, regina, per me stessa sorte
 e in destin sì crudel sol cambio morte.
 CELIA
 Bella costanza.
 EURIDICE
                              E che, vorrai, tu erede
 del macedone impero e tu di regi
1650nobil germoglio, in basso amor di ninfa
 cieco avvilir de’ tuoi natali il pregio?
 SILVIO
 N’arde anche Adrasto, il prence d’Argo; e pure
 lodi e proteggi l’ardor suo; ma quando
 l’esser figlio di re deggia involarmi,
1655cara Celia, il tuo affetto,
 addio fasti, addio reggia. È sogno ed ombra
 per me l’ostro superbo e ’l manto adorno.
 Prence non son, Silvio e pastor ritorno.
 
 SCENA XV
 
 ADRASTO e suddetti
 
 ADRASTO
 No no, fermati, o troppo
1660Silvio felice, o generoso amante.
 Non fia vero che Adrasto
 più sia rival del suo monarca al figlio.
 Volea di Celia oggi inalzar la sorte;
 ma se il ciel le destina
1665nell’amor tuo più di grandezza, io lieto
 l’onor ten cedo e testimon maggiore
 questo rifiuto mio sia del mio core.
 SILVIO
 Raro amor!
 EURIDICE
                        Nobil alma!
 CELIA
                                                Ecco il germano.
 (Siete vicini ad esser lieti appieno,
1670cari affetti del seno).
 
 SCENA ULTIMA
 
 AMINTA, DIONISIO e li suddetti
 
 DIONISIO
 Regina, errai ma per amarti. In poche
 voci racchiusi il fallo e la discolpa.
 Pur sia reo, sia innocente,
 non te ne chiedo umil perdon. Ne cada
1675su la cagion la pena.
 Colei che tieni accanto,
 vile di spoglie e più di cor, colei
 è l’origine sol de falli miei.
 EURIDICE
 Celia?
 DIONISIO
               No, non è Celia, essa è l’indegna
1680mia rapita germana, è quella Elisa
 per cui ramingo errai provincie e mari.
 EURIDICE
 (Che scopro?)
 SILVIO
                             (Ella è innocente).
 DIONISIO
 In braccio a un Silvio, a un vil pastor di Tempe
 pensa ella trar, ninfa lasciva, i giorni,
1685noi scordando, sé stessa, il padre e ’l regno.
 Ma pensa invan. Ti giugnerà il mio sdegno.
 EURIDICE
 Tanti e sì strani casi
 non mai congiunse in un sol giorno il fato.
 L’ire, o principe, accheta;
1690se tua germana è Celia,
 anche Silvio è mio figlio. Il ciel, che a noi
 or li rende pietoso, unisce il nodo.
 DIONISIO
 Alti decreti, io vi consento e lodo.
 AMINTA
 E Adrasto?
 ADRASTO
                        È mia gran sorte
1695poter bearti anche nel figlio.
 AMINTA
                                                      O fede
 per cui l’amore all’amicizia or cede.
 DIONISIO
 Ma come Elisa in Tempe?
 CELIA
 Un felice naufragio
 punì gl’audaci rapitori. Anch’io
1700nell’onde irate era a perir vicina;
 ma pescator cortese
 corse opportuno e al mio destin mi tolse.
 Già meditava la Sicilia e ’l padre;
 veduto Silvio, allor mi elessi in Tempe
1705altra vita, altra patria;
 e vissi amando in povertà beata.
 SILVIO
 Ma più meco or godrai, sposa adorata.
 DIONISIO
 Mirabili vicende!
 ADRASTO
                                   O strani accenti.
 CELIA, SLVIO A DUE
 O fortune!
 AMINTA, EURIDICE A DUE
                       O contenti!
 TUTTI
 
1710   Al dolce giubilo
 di un fido amor
 festeggi ogn’anima
 d’un bel piacer.
 
    Sin la memoria
1715del fier dolor
 serva di gloria
 per più goder.
 
 Fine del drama
 
    Li versi che si vedono segnati " si tralasciano, in grazia della brevità, e gli errori trascorsi nella stampa meritano d’essere condonati alla sollecitudine, con cui è stato necessario condurre a fine l’impressione, e alla mancanza d’originale scritto di mano dell’autore.